Lynhan Balatbat-Helbock

 Lynhan Balatbat-Helbock è curatrice e ricercatrice presso il SAVVY Contemporary di Berlino – laboratorio di idee dedicato all’arte e alla diversità -, oltre che coordinatrice del progetto dell’archivio partecipato intitolato “Colonial Neighbours” (“Vicini di casa coloniali”). Dopo aver conseguito la laurea magistrale in Culture Postcoloniali e Politica globale presso la Goldsmiths University di Londra, si trasferisce a Berlino nel 2013.
All’interno della collezione permanente del SAVVY Contemporary, sviluppa un lavoro di ricerca sulle tracce coloniali che continuano a manifestarsi nel nostro presente.
L’archivio partecipato si dedica alla discussione di storie silenziose e alla decanonizzazione dello sguardo occidentale attraverso gli oggetti e le storie che si celano dietro di essi. In stretta collaborazione con artisti, attivisti e iniziative, l’archivio viene attivato attraverso varie attività.
Recentemente, Lynhan Balatbat-Helbock ha assistito alla gestione del programma radiofonico di Documenta14 – Every Time a Ear di Soun, SAVVY Funk a Berlino (giugno – luglio 2017) e ha sostenuto l’artista Bouchra Khalili con diversi progetti e mostre (maggio 2015 – maggio 2016).
Attualmente lavora per Julius Eastman, progetto in collaborazione con il festival Maerzmusik (Berliner Festspiele, marzo 2018), e collabora con Agnieszka Polska per la prossima esposizione del National Gallery Prize in Germania (settembre 2018).

Daniel Blanga Gubbay (Bruxelles)
curatore e ricercatore,  Aleppo (Bruxelles), Kunstenfestivaldesarts

 Daniel Blanga Gubbay is a Brussels-based curator in performance arts and researcher. He is the initiator and curator of Aleppo, a platform for public programs through theory and artistic interventions. Among the curated programs: The Second Nature (Riga, 2017); W.E. (Brussels 2017); Nature (Brussels 2016); Black Market (Brussels 2016); The School of Exceptions (Santarcangelo 2016). He works as programmer for the Kunstenfestivaldesarts in Brussels. He is part of the curatorial board for LiveWorks (Centrale Fies). He teaches at the Académie Royale de Beaux Arts in Brussels, directing the  performance and choreography department, and lecture regularly abroad. Among some recent presentations Dance Under Cover of a Fictional Rhythm (2018, Sharjah, UAE); The Movement as Living Non-Body (2018, Movement Research, NY); Knowing the Unknown (2017, Museum of Impossible Forms, Helsinki); The Möbius Strip, On Fictional Institutions, (2017, Buda, Kortrijk); and Prophecies Without Content (American University of Beirut).

Titolo dell’intervento: Il movimento in movimento
La coreografia come forma di ripensamento delle nozioni di frontiera e circolazione.

Partendo dalle recenti esperienze di due artisti – Arkadi Zaides e Mithkal Alzghair – questo intervento suggerisce un ripensamento del rapporto tra movimento, frontiera e circolazione. Da un lato, attraverso il progetto Talos di Arkadi Zaides è possibile costruire una duplice relazione in cui non solo la frontiera produce il movimento, ma il movimento è usato per produrre la nozione contemporanea di frontiera; dall’altro, a partire del progetto Déplacement del coreografo siriano Alzghair, questo intervento mette in luce l’uso del movimento come forma di vita immateriale che circola tra i corpi, negando le nozioni di territorio e appartenenza. L’ultima parte dell’intervento fa riferimento alla ricerca Movement as Living Non-Body (Daniel Blanga Gubbay), pubblicata nel 2018 da Movement Research New York.

 

Antonia Alampi

Antonia Alampi è una curatrice, ricercatrice e scrittrice nata nel sud Italia e attualmente residente a Berlino, dove è condirettrice artistica di SAVVY Contemporary, uno spazio epistemologico di disobbedienza e scollegamento (Walter Mignolo), oltre che di pratiche decoloniali e estetiche.
Nel 2016 ha avviato con iLiana Fokianaki il progetto di ricerca Future Climates, apparso inizialmente ad Atene nel marzo 2017, che si è concentrato su come i flussi economici modellano e determinano il lavoro di iniziative su piccola scala in contesti con infrastrutture pubbliche deboli per l’arte e la cultura.
Dal 2017 è anche curatrice di Extra City Kunsthal ad Anversa, con un programma triennale incentrato sulla costruzione della nozione di cittadinanza europea. Dal 2012 al 2015 ha vissuto al Cairo, dove è stata curatrice di Beirut, un’iniziativa artistica che rifletteva su un momento fondamentale di transizione che il Paese stava vivendo in quel periodo. Al Cairo ha concepito e diretto anche il progetto pedagogico The Imaginary School Program (2014/2015), esaminando le forme di organizzazione e gli edifici istituzionali della città.
Tra il 2009 e il 2011 è stata co-fondatrice e direttrice dell’iniziativa artistica Opera Rebis e, prima di ciò, ha lavorato per lo Studio Stefania Miscetti (Roma), Manifesta7 (Alto Adige) e la Civica Galleria d’arte contemporanea di Trento. Le mostre recenti includono le personali di Ibrahima Mahama (Extra City, 2018) e Jasmina Metwaly (SAVVY, 2018), la mostra collettiva e il programma pubblico WE HAVE DELIVERED OURSELVES FROM THE TONAL – Of, with, towards, on Julius Eastman ( SAVVY, 2018), la prima mostra monografica di Jérôme Bel (Museo Pecci, Prato, 2017), la performance, il programma discorsivo ed educativo The School of Redistribution (State of Concept, Atene, 2017), la mostra collettiva Extra Citizen (Extra City, 2017) e El Usman Faroqhi Here and a Yonder: On Find Poise in Disorientation (SAVVY, 2017). Scrive testi e interviste per varie riviste, tra cui Mousse, Arte e Critica, Flash Art International, Ibraaz. Inoltre, ha pubblicato libri e articoli su artisti come Jérôme Bel, Adelita Husni-Bey, Ibrahim Mahama, Doris Maninger e molti altri.

Titolo dell’intervento: Geografie di immaginazione

Geographies of Imagination è un talk che ruota intorno a una ricerca, attualmente in corso, svolta per una mostra che si svolgerà presso SAVVY Contemporary di Berlino (settembre 2018) e Bozar a Bruxelles (2019) a cura di Antonia Alampi e Bonaventure SB Ndikung con l’assistenza di Lynhan Balatbat e Olani Ewunnet.
Intorno alla seconda metà del diciottesimo secolo, Phillis Wheatley, la prima poetessa afroamericana ed ex schiava ad essere pubblicata, scrisse un poema intitolato “On Imagination”. Qui l’immaginazione, resa possibile attraverso la mente, viene descritta come l’unico spazio per l’emancipazione dello schiavo, mentre il corpo rimane intrappolato nella materialità dell’esistenza. L’immaginazione verso l’altro, l’ignoto, può essere intesa come uno spazio di resistenza, che rende l’altro più o meno minaccioso, qualcosa che è necessario per proteggere una comunità da ciò che non si conosce.
L’immaginazione, tuttavia, può e continua a svolgere un ruolo completamente diverso. Il titolo della mostra è un riferimento diretto agli scritti accademici e dell’antropologo Michel-Rolph Trouillot sulla questione delle false rappresentazioni, delle geografie immaginarie essenziali per l’Occidente per la creazione dei suoi imperi narrativi e per la riorganizzazione del significato impiegato per legittimare la sua supremazia, che dialetticamente attraversa gran parte della letteratura degli ultimi duecento anni, e costituisce la base delle discipline accademiche e museologiche come l’antropologia o l’etnologia.
Geographies of Imagination includerà testi, opere d’arte e materiali di ricerca che affrontano il tema di come le idee romanzate e stereotipate dell’altro vengono utilizzate e, in particolare, della zona di contatto tra di loro, per evidenziare e riflettere sull’importanza di guardarsi l’un l’altro e guardare indietro, ma anche sul potenziale politico inscritto in quelle pratiche. Pratiche che possono essere considerate di “Dis-Othering” (Dis-alterità – allontanamento dall’altro?).
Geographies of Imagination fa parte di Dis-Othering: Beyond Afropolitan e Other Labels, un progetto collaborativo con Creative Europe sulla necessaria decostruzione delle pratiche riguardanti “l’alterità” nelle istituzioni culturali europee. Il progetto si compone di una mostra, simposi, un festival, conferenze e spettacoli, un programma di residenza, una ricerca cartografica e un sito web, il tutto realizzato tra il 2018 e il 2019 a Berlino, Bruxelles, Vienna e Varsavia. È sviluppato sotto la direzione artistica di Bonaventure Ndikung con Antonia Alampi in veste di condirettore, con una partnership tra SAVVY Contemporary (Berlino), Kulturen in Bewegung (Vienna) e il Centre for Fine Arts (Bruxelles).
Con “Dis-Othering” si desidera proporre un fenomeno in cui la costruzione dell’identità sociale non avviene attraverso una proiezione sul cosiddetto “Altro”, quanto piuttosto con una proiezione verso il sé. Una auto-riflessione. Un boomerang. Vale a dire, invece di cercare o deviare le proprie colpe, fantasie o angosce su qualcun altro, si potrebbero incarnare e viverle. Si tratta di riconoscere e impersonare la pletora di variabili che ci fanno esistere.