THE MIGRANT SCHOOL OF BODIES 

a cura di Ariella Vidach e Maria Paola Zedda

The Migrant School of Bodies, progetto vincitore di MigrArti – Spettacolo 3° edizione, MiBACT – Spettacolo dal vivo, coinvolge le comunità immigrate a Milano con un percorso di natura laboratoriale, partecipativa e performativa. Attraverso laboratori e fasi di didattica sperimentale si intende valorizzare le diverse tradizioni rituali, coreutiche, corporee, come atto di difesa della memoria, per sottrarre i cittadini immigrati alla condizione di oblio e di perdita del proprio passato e della propria storia.
I laboratori sono condotti da artisti che hanno vissuto in prima persona l’esperienza della migrazione, riuscendo a trasformarla in un impegno politico e poetico. I workshop sono riservati a giovani immigrati di seconda generazione.
Il percorso prende avvio il 27 aprile 2018 con un ciclo di lezioni tenuto dal coreografo e danzatore camerunense Lazare Ohandja.
Progetto realizzato in collaborazione con Mo’O Me Ndama, Studio Azzurro, MUDEC – Museo delle Culture.

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MIGRARTI

Il progetto MigrArti è un’iniziativa del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo nata nel 2016 con il proposito di coinvolgere le comunità di immigrati stabilmente residenti in Italia, con una particolare attenzione ai giovani di seconda generazione che fanno ormai parte integrante dal punto di vista umano, economico, culturale e lavorativo del tessuto sociale del nostro Paese. L’obiettivo della terza edizione del bando MigrArti è quella di consolidare il legame con i “nuovi italiani”, riconoscendo e valorizzando le loro culture di provenienza.

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In The Migrant School of Bodies le comunità di cittadine immigrate a Milano vengono coinvolte attraverso un percorso di natura laboratoriale, partecipativa e performativa, per esplorare la rappresentazione del confine fisico, psicologico, territoriale, linguistico, individuando il corpo, in particolare quello femminile, come campo d’indagine privilegiato.

Il progetto mira a costruire una Milano plurale, di culture, gesti, corpi, colori, che senza presunzione di oggettività compone un articolato e polifonico testo su cui ripensare il senso della relazione e la condivisione di spazi, azioni, corpi, valori. Attraverso laboratori e fasi di didattica sperimentale The Migrant School of Bodies intende soddisfare l’esigenza espressiva di coloro che non hanno voce, più spesso le donne, e che vivono il confine interno ed esterno dello spazio urbano (la mura domestiche, il lavoro in casa) e quello linguistico come condizione permanente. Vuole, inoltre, valorizzare le diverse tradizioni rituali, coreutiche, corporee, come atto di difesa della memoria, per sottrarre i cittadini immigrati alla condizione di oblio e di perdita del proprio passato e della propria storia.

L’assunto alla base del lavoro è quello dell’esistenza di un codice gestuale, proprio di ciascuna comunità e di ciascuna cultura, che si esprime attraverso esperienze condivise e modi propri; in quest’ottica la danza, il canto, l’arte divengono elementi di potenziale contatto tra culture, strumento di risposte all’oblio e alla perdita di memoria così pericolosamente presenti nella condizione di migrante.

A tal proposito, il progetto vede il coinvolgimento di coreografi e artisti visivi, con la collaborazione dell’associazione Mo’O Me Ndama che da anni lavora sulla diffusione e la conoscenza del patrimonio culturale africano, in un percorso laboratoriale e performativo che esplora il confine, l’attraversamento, la diaspora. Altra preziosa collaborazione è quella con Studio Azzurro, che affiancherà il percorso attraverso la documentazione e l’elaborazione di un prezioso elaborato video finale di natura documentale.

I laboratori saranno condotti da artisti, provenienti da contesti diversi, che hanno vissuto in prima persona l’esperienza della migrazione e che hanno saputo trasformare tale esperienza in un arricchimento culturale e in un impegno politico e poetico. Tra questi Nezaket Ekici, Mike Cooper, Ana Pi, Ariella Vidach. Gli artisti saranno affiancati da immigrati di seconda generazione che li aiuteranno nel confronto intergenerazionale e nella costruzione del dialogo all’interno dei laboratori e nelle fasi artistiche del progetto.

Gli incontri interculturali e i laboratori, individuali e collettivi, intendono indagare l’esperienza della migrazione e del confine attraverso prospettive disciplinari differenti che comprendono la tecnica della Sharing practice (condivisione di pratiche), che partendo dal patrimonio tradizionale ispirerà tutte le fasi di The Migrant School of Bodies con una metodologia aperta e sperimentale.

I materiali elaborati durante i laboratori costruiscono un archivio importante per la restituzione di una storia narrata dai suoi protagonisti, diventando allo stesso tempo l’alfabeto per la costruzione coreografica partecipativa che sarà restituita a un pubblico ampio ed eterogeneo attraverso una performance finale, a cura dei coreografi e registi Ariella Vidach e Claudio Prati con la collaborazione di Lazare Ohandja, danzatore, pedagogo e coreografo africano.

I risultati scenici faranno parte della programmazione di Palazzo Litta Cultura, progetto del Segretariato Regionale del Ministero dei Beni Culturali – Regione Lombardia all’interno del Focus Africa e di Mappe – indagine sulle geografie del contemporaneo. Gli elaborati visuali saranno esposti al MUDEC -Museo delle Culture, museo dalla forte vocazione antropologica ed etnografica, sede del Forum della Città Mondo.